venerdì, dicembre 01, 2006

Una questione di stereotipi

Nel gioco di ruolo l'attributo è la misura di una qualità del personaggio, così come l'abilità è la misura della sua esperienza in un certo campo. Alcune di queste misurazioni sono semplici e piuttosto univoche come ad esempio quella della Forza altre invece posso avere dei metri abbastanza discutibili.
Mi riferisco alla Bellezza. Per quanto il Master possa essere una persona equilibrata e cerchi di darsi delle regole di massima anche per quegli ambiti in cui non ve ne sono di scritte anche lui come tutti vive nel mondo reale oltre che arbitrare in quello fantastico e come tutti è soggetto al bombardamento mediatico che cerca di imporre, spesso con messaggi discutibilmente forti, un certo stereotipo di persona vincente, bella e di successo a cui poter agganciare o collegare i propri prodotti.
Uno di questi stereotipi, che più violentemente di altri viene proposto, è legato al corpo femminile, dalla testa ai piedi, passando per parti a cui usualmente un uomo è portato a prestare molta più attenzione.
In quanto Master di un gruppo costituito da giocatori principalmente di sesso maschile mi è spesso capitato di dover descrivere personaggi femminili, traducendo in una descrizione un valore numerico. Quando sono chiamato a questo compito non trovo corretto cavarmela con un semplice aggettivo che esprima misura della bellezza, in quanto il personaggio vede effettivamente colei che ha davanti e spetta al giocatore esprimere un giudizio in quanto è lui ad interpretare quel personaggio e non il Master. Questo giudizio deve essere basato ovviamente sulla descrizione ascoltata che include sia l'aspetto fisico che le movenze.
Per quello che mi riguarda cerco di non farmi influenzare troppo dagli stereotipi nella descrizione ma piuttosto di riproporre metri di giudizio consoni a periodi più antichi dove una donna coi fianchi larghi e il seno prosperoso era considerata di gran lunga più attraente di una magra e più androgina. Ovviamente anche quello era un giudizio che rifletteva una serie di agii che identificavano la donna come colei il cui compito principale era partorire figli sani e forti (e spesso preferibilmente maschi) e crescerli.
Il problema viene però quando sono dei PG di sesso femminile, specialmente condotti da giocatrici. Putroppo nella maggior parte delle storie e leggende antiche, se la principessa è bella e aggraziata il principe è azzurro, gentile o valoroso, ma questi sono aggettivi che poco danno idea di quale sia l'aspetto fisico e le movenze dell'uomo e danno poco aiuto nel tradurre il sumenzionato valore numerico in una descrizione plausibile che non rischi di essere artificiosa e stereotipata.
Quali sono ed erano le principali caratteristiche che fanno e facevano si che una donna distinguesse un uomo da un bell'uomo mi sono parzialmente note per il presente, ma quasi del tutto ignote per il passato. Indubbiamente la risoluzione di questo problema richiede una consulenza di Master del gentil sesso.

lunedì, ottobre 30, 2006

L'ordine naturale delle cose

In tutto c'è un inizio ed una fine, tanto per le persone quanto per gli oggetti. Putroppo oggi questo ordine ha decretato la fine di uno dei fedeli alleati che nel corso degli anni ha permesso il mantenimento di un certo ordine all'interno del seppur ampio tavolo di gioco: il contenitore dei dadi. Forse oberato da un eccessivo numero di piccoli oggettini sfaccettati e brillanti il suo lato inferiore ha ceduto scollandosi completamente e in modo irrecuperabile. Sarà dura trovare un successore alla sua altezza, ma, si sa, nei giochi di ruolo quando un campione lascia il titolo c'è spazio per un bel torneo per determinare chi sarà il suo successore "Let's the fight begin!"

lunedì, settembre 18, 2006

La legge è uguale per tutti

A dispetto della citazione di quanto è scritto nelle corti di giustizia italiane, questo post non vuole in alcun modo discutere dell'efficienza della giustizia italiana o delle sue norme, ma solo riportare la massima del titolo al gioco di ruolo. Oltre ad essere un narratore ed interpretare la parte di tutti i personaggi che non sono manovrati dai giocatori il Master è anche arbitro del gioco ed in quanto tale è tenuto ad essere giusto ed imparziale. Non è sempre facile, sia perché il Master è un essere umano come tutti e può sbagliare sia perché non tutti hanno lo stesso concetto di giustizia ed imparzialità, specie quando esse sono applicate a loro danno.
Ciò che mi ha ispirato questo post è una breve avventura contenuta in "Il mondo di Nehwon" chiamata "il Bazar del bizzarro" (forse qualche vecchio lettore del Dragon Magazine troverà questo titolo, la cui versione inglese è Bazaar of the bizarre, oltremodo familiare), in cui Fafhrd riceve dallo stregone Sheelba dal Volto Senza Occhi la Benda della Vera Vista in grado di rivelare la vera natura di tutte le cose. Questo potente oggetto magico in quanto tale funziona con tutti coloro che sono osservati con tale benda e così Sheelba non esita a sottrarlo a Fafhrd non appena egli ha compiuto per loro la missione richiesta. Infatti a dispetto dell'enorme potere (quasi semidivino) dello stregone e del suo omologo Ningauble dai Sette Occhi essi non sono immuni o schermati dal potere dell'oggetto e Fafhrd potrebbe essere tentato di scoprire cosa nascondono i loro cappucci neri.
L'avventura citata è un esempio di come in un mondo fantasy la legge deve essere uguale per tutti e che se un oggetto magico è detto funzionare con tutti allora nessuno (salvo gli Dei ovviamente) può essere immune ai suoi effetti. Non c'è nulla di più frustrante per un giocatore che ha appena affrontato lunghe ed estenuanti avventure per procurare al suo PG un oggetto magico che scoprire che tutti i PNG più importanti sembrano essere (da quando lo ha acquisito) immuni ai suoi effetti, perché protetti o schermati in questo o quel modo. Se si lascia che i personaggi trovino un qualche oggetto magico molto potente che può avere effetti sulla campagna si deve poi poter accettare il fatto che questi possano usarlo in questo senso. Se risulta inaccettabile o è considerato troppo pericoloso allora è meglio non farlo trovare, o, se il guaio è già fatto, escogitare un modo per sottrarlo al gruppo o distruggerlo: in fondo è un oggetto molto potente e i PG non saranno i soli a bramarlo.

domenica, settembre 10, 2006

La mano è più importante della spada

Thulsa Doom lo aveva già detto a Conan durante il loro primo (e più sfortunato, almeno per il protagonista) confronto: "Cos'è l'acciaio a paragone della mano che lo brandisce?" affermando quindi a chiare lettere che le armi sono poca cosa rispetto alle capacità di coloro che le maneggiano. Questa dovrebbe essere una realtà del vero gioco di ruolo, epico o meno che sia. Cioè un oggetto (magico) può potenziare l'abilità di un personaggio in qualcosa, ma egli deve essere forte già di suo e non reso forte dall'oggetto. Deve essere così perché altrimenti verrebbe meno il desiderio di migliorarsi e progredire. E non solo: arrivare ad essere forte grazie solo ad un oggetto magico può essere quasi considerato 'barare' dagli altri giocatori se questi invece hanno sudato tutti i progressi nelle capacità del proprio personaggio.
Volete un'altra dimostrazione di quanto sia poco l'arma a fare l'eroe ma l'eroe a fare l'arma? Eccola qui, dal libro "Il Mondo di Nehwon" che sto leggendo ora: "...i due abitualmente rubavano tutti loro averi, persino le spade egli stiletti, che chiamavano sempre Astagrigia e Spaccacuore e Cesello e Zampino di Gatto, per quanto li perdessero spesso e rubassero i surrogati...". Naturalmente' i due' sono Fafhrd e il Grey Mouser.

giovedì, settembre 07, 2006

Un nome da dio

Nei giochi di ruolo ad ambientazione fantasy, si sa, l'atmosfera conta molto così come è importante che il mondo che circonda i personaggi maneggiati dai giocatori sia tanto reale da poter essere considerato palpabile. Ebbene uno degli elementi che permette di rendere originale e caratteristico un mondo fantastico sono le religioni che in esso si sono sviluppate. Esse possono avere qualunque orientamento e essere tanto monoteistiche quanto politeistiche, ma la cosa importante è che debbono essere originali e completamente slegate da quelle canonicamente più diffuse nel mondo reale. Questo non soltanto per evitare di offendere i praticanti di una di queste vere religioni, che indubbiamente meritano rispetto, ma anche per facilitare l'immedesimazione di un giocatore nel suo personaggio.
Il problema che sorge quando il Master deve però creare queste divinità non è solo stabilire a quali attività o momenti della vita essi sono particolarmente partecipi e che eventi o forze primordiali essi possono comnadare, ma, e non è secondario, quale sia il loro nome ed i loro appellativi. Non c'è infatti nulla di peggio che un dio dal nome insespressivo, inadatto al suo ruolo o che possa essere ridicolizzato dai giocatori. Sicuramente trovare un nome da dio è una ricerca in cui il Master dovrebbe cercare tutto l'aiuto possibile, tanto dai libri che ha in possesso che trattano di mitologia, tanto dalle idee di amici, parenti e, perché no, dei giocatori.

giovedì, agosto 31, 2006

Lo scaldo che viene dal freddo

Vi chiedo di perdonarmi l'immondo gioco di parole, ma davvero non sono riuscito a resistere. Naturalmente lo scaldo non scalda null'altro che gli animi in quanto era colui che presso le corti dell'estremo nord dell'europa componeva o recitava saghe epiche o encomiastiche. Una specie di bardo potremmo dire. Anche se comprendo che finora non è chiaro, io non mi sto riferendo agli scaldi in generale, ma ad uno scaldo in particolare, o meglio ad un giovane avventuriero ladro e guerriero che era in gioventù stato educato come uno scaldo. L'eroico e sagace Fafhrd le cui avventure e gesta sono narrate in numerosi libri di Fritz Leiber.
Di recente, dopo una lunga ricerca, tra librerie e aste online sono riuscito a procurarmi un volume della Editrice Nord: "Il mondo di Nehwon", che raccoglie buona parte delle storie di cui sono protagonisti proprio Fafhrd e il suo inseparabile e scaltrissimo compagno Grey Mouser. La lettura è davvero piacevole per un Master in quanto l'autore indugia spesso a descrivere, arricchendoli con un'infinità di aggettivi, l'aspetto, gli usi e i costumi di ogni personaggio, razza o creatura, anche insignificante, che appare nelle storie. Queste sono poi tanto imprevedibili quanto avventurose, toccando occasionalmente l'inverosimile quando sono chiamate in causa entità superiori e divinità. Non mi stupisco che il Dragon Magazine si sia interessato alle sue opere stilando delle caratteristiche per i protagonisti già negli anni settanta. E nemmeno che sul mondo di Nehwon siano state pubblicate numerose gazzette e avventure. E' un ambientazione che mi interessa, ma che comprendo sia difficile da giocare rendendola tanto divertente ed ironica quanto è nelle storie di Leiber, ma chissà, con i giocatori giusti ed un po' di ispirazione.

martedì, agosto 29, 2006

In principio era...

tutto più semplice. Quando c'erano poche regole scritte e alcune tabelle capitava spesso di dover improvvisare per risolvere una situazione e farlo nel modo più rapido, efficace ed imparziale possibile. Ora che le regole scritte sono molte di più (quasi tutte) riesco ad apprezzare maggiormente quell'improvvisazione e capisco quanto abbia reso più semplice la mia vita di Master alle prime armi. Per fortuna la meccanica del gioco non è diventata col passare degli anni e il materializzarsi delle regole sempre più complessa, ma ha conservato quei principi basilari di semplicità con cui lo avevamo cominciato nel secolo scorso.